Lavorare a partita IVA o come dipendente? Questo è il dilemma…

Chi è già inserito nel mondo del lavoro o si sta affacciando su questo scenario, si sarà sicuramente chiesto se conviene lavorare come dipendente o come partita IVA. Tuttavia, a questa domanda non c’è una risposta precisa, perché molto dipende dalla propria situazione e dai propri obiettivi professionali.

In questo articolo faremo un confronto tra partita IVA e lavoro dipendente, analizzandone le differente, i vantaggi e gli svantaggi, in modo da darvi degli spunti di riflessione dai quali potrete trarre le vostre conclusioni.

Lavoro dipendente e autonomo: differenze, pro e contro

Tra lavoro dipendente e partita IVA ci sono parecchie differenze che riguardano lo stipendio, le tutele, l’orario di lavoro, le tasse e i contributi previdenziali. Di seguito analizziamo i pro e i contro di ciascuna attività.

Lo stipendio da dipendente e libero professionista

Per quanto riguarda lo stipendio, un dipendente ha la garanzia di un salario mensile, regolare sia nell’importo che nel giorno di pagamento, con in più la tredicesima e, in alcuni casi, anche la quattordicesima. In termini di confronto, un lavoratore dipendente sa esattamente quanto guadagna nel corso dell’anno, mentre un libero professionista non ha certezza di quanto fatturerà, né delle tempistiche di pagamento.

Orario e luogo di lavoro

Quella dell’orario e del luogo di lavoro è probabilmente la differenza più comunemente percepita tra le due categorie: un dipendente ha un orario fisso e, normalmente, lavora in un luogo stabilito. Inoltre, deve anche rendere conto di eventuali assenze/ritardi ai suoi superiori, in relazione alle condizioni contrattuali.

Nel caso delle partite IVA, solitamente è il libero professionista a decidere i propri orari di lavoro, con l’ulteriore possibilità di potersi ritagliare dei momenti liberi in base alle proprie esigenze, senza dover chiedere il permesso a nessuno in caso di visite mediche, impegni famigliari o weekend fuori porta.

Tuttavia, per quanto riguarda il luogo di lavoro, negli ultimi tempi le differenze si stanno assottigliando, visto che sempre più aziende stanno ricorrendo allo smart working e molti liberi professionisti utilizzano i co-working.

Tassazione tra lavoratore dipendente e partita Iva

Com’è facile intuire, un’altra differenza tra lavoro dipendente e partita IVA riguarda l’aspetto fiscale, poiché sia i regimi di tassazione che le modalità di versamento dei contributi differiscono.

Nel caso del libero professionista è il diretto interessato ad adempiere al pagamento in prima persona, mentre nel caso del lavoratore dipendente è l’impresa che paga lo stipendio a provvedere. Lo stesso discorso vale per i contributi previdenziali.

1. I regimi di tassazione per un lavoratore autonomo

I regimi fiscali previsti per i lavoratori con partita IVA sono due: regime ordinario e regime forfettario. Il primo si applica a quei professionisti che hanno un volume d’affari annuo superiore a 65.000 euro e prevede il pagamento dell’IVA al 22% e dell’IRPEF in base a un sistema di tassazione progressiva a scaglioni.

Il regime forfettario, invece, si applica solo in caso di incasso annuo inferiore ai 65.000 euro e permette di beneficiare di una tassazione agevolata pari al 15%, che scende al 5% per i primi cinque anni di attività. Inoltre non viene applicata l’IVA in fattura. Le tasse non vengono calcolate sull’effettivo totale dei guadagni, ma esclusivamente su una parte definita in base al codice ATECO, ossia la classificazione dell’attività economica svolta dal lavoratore autonomo.

Oltre alle tasse che andranno versate allo Stato, bisogna considerare anche i contributi previdenziali da corrispondere all’INPS o alla cassa di previdenza del proprio ordine professionale, se prevista. La percentuale da versare varia in base al reddito, ma è viene sempre calcolata dopo l’applicazione del coefficiente di redditività (il già citato codice ATECO).

Prendiamo ad esempio esempio un giornalista freelance in regime forfettario che ha incassato 40.000 euro. Considerato che il suo coefficiente di redditività è del 67%, dovrà pagare le tasse solo su 26.800 euro. Se esercita la professione da più di cinque anni dovrà versare il 15%, ovvero 4.020 euro di tasse. Per i contributi previdenziali dovrà invece considerare le norme previste dalla cassa di previdenza dell’ordine e, una volta determinata questo importo, potrà stabilire qual è il suo guadagno netto in un anno.

2. I regimi di tassazione per un lavoratore dipendente

Come sicuramente saprete, le tasse dei lavoratori dipendenti vengono trattenute in busta paga. Le imposte vengono calcolate in base agli scaglioni IRPEF, che vanno dal 23 al 43% a seconda del reddito percepito.

In genere, sulla retribuzione viene applicata un’aliquota del 9,19% destinata al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FLPD), che può essere maggiorata se l’azienda è soggetta anche ad altre casse o fondi di integrazione salariale. L’importo che deriva da questo calcolo va sottratto alla retribuzione lorda.

In aggiunta, occorre considerare anche l’imponibile INPS, ovvero la base su cui vengono calcolati i contributi previdenziali (sia quelli a carico del dipendente che quelli a carico del datore di lavoro). Sebbene i primi vengano trattenuti sulle competenze (retribuzione lorda) riconosciute al lavoratore, entrambi gli importi vengono sempre versati con modello F24 dall’azienda.

Un lavoratore dipendente può aprire la partita IVA?

Non capita di rado che un lavoratore dipendente, vuoi per seguire una propria passione vuoi per avere una seconda entrata, decida di avviare un’attività in proprio aprendo una Partita IVA. In linea di massima, è possibile esercitare contemporaneamente un’attività di lavoro dipendente e autonomo, ma occorre fare una distinzione tra dipendente privato e pubblico.

Chi lavora come dipendente per un’azienda privata è libero di aprire una Partita IVA e iniziare a svolgere un’attività parallela a quella del lavoro subordinato. Il discorso invece cambia per il dipendente pubblico, che in presenza del cosiddetto “obbligo di esclusività” non potrà aprire la partita IVA.

In assenza di quest’obbligo, potrà mettersi in proprio con partita IVA, ma solo dopo aver ricevuto l’autorizzazione dall’ente o dall’amministrazione in cui opera e a patto che:

  • si tratti un’attività temporanea e occasionale che non interferisca con l’impiego presso la pubblica amministrazione.
  • non vi sia un conflitto di interessi con quelli della pubblica amministrazione.
  • l’attività venga svolta al di fuori dell’orario di lavoro.

Dipendente privato e Partita IVA: quando e come svolgere entrambe le attività

Nel caso del dipendente privato, anche se è possibile aprire la partita IVA, occorre considerare diversi aspetti per evitare il licenziamento o di diminuire il carico contributivo. Innanzitutto, per svolgere la libera professione con partita IVA e mantenere in essere il proprio contratto come lavoratore dipendente è necessario verificare che non vi sia concorrenza tra le due attività.

Se nel contratto di lavoro dipendente non è previsto un esplicito divieto all’attività di lavoro autonomo che si vuole esercitare contemporaneamente, non esiste alcun problema di coesistenza tra le due attività e nemmeno l’obbligo di preventiva comunicazione al datore di lavoro, anche se è comunque consigliabile informarlo per evitare problemi futuri.

In secondo luogo, occorre stabilire come e in che misura versare i contributi INPS. Come abbiamo spiegato nei paragrafi precedenti, i regimi fiscali previsti per i lavoratori con partita IVA sono il regime ordinario e quello forfettario. In base a quanto stabilito dalla legge di Stabilità del 2016, un lavoratore dipendente può accedere alla tassazione agevolata solo se nell’anno precedente all’apertura della partita IVA ha percepito redditi da lavoro dipendente e/o assimilati per un importo inferiore a 30.000 euro.

Se invece il proprio reddito supera questo limite, non sarà possibile aprire la partita Iva, a meno che il rapporto di lavoro dipendente non sia stato interrotto entro il 31 dicembre dell’anno precedente alla richiesta.

Infine, per quanto riguarda i contributi previdenziali da corrispondere all’INPS, nel caso delle ditte individuali non è dovuto il versamento di ulteriori contributi quando l’attività prevalente è quella di lavoro dipendente, sia in termini di tempo che sul fronte reddituale. Tuttavia, se un lavoratore dipendente decide di aprire la partita Iva per esercitare la libera professione, dovrà comunque iscriversi alla Gestione separata INPS e versare i contributi previdenziali in maniera proporzionale e ridotta.

Domande frequenti

Cos’è la partita IVA?

È possibile avere sia un lavoro dipendente che una partita IVA?

Quanto tempo serve per aprire la partita IVA?

Quanto costa aprire una partita IVA?